Presso il meraviglioso e celebre museo degli Uffizi, le opere d’arte che hanno rimandi più o meno espliciti alla sfera dionisiaca sono numerosi, da busti bacchici ad altari con dediche al dio.

Una delle opere più interessanti è sicuramente il rilievo con scena dionisiaca datato I secolo d.C. Il rilievo è praticamente inedito: infatti, sono riuscita a risalire a una sola fonte bibliografica a riguardo, la quale, comunque, non si addentra troppo nelle possibili spiegazioni dell’opera.[1]
Una delle difficoltà interpretative riguarda l’ambiguità del sesso dei personaggi. Anche la ricerca di una documentazione bibliografica inerente è stata alquanto ostica; non si è scritto molto a riguardo, infatti mi avvarrò soprattutto del commento a un’altra opera con soggetto simile: si tratta di un rilievo rinvenuto all’interno del complesso dell’insula 1 di Ercolano dall’allora Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, nel febbraio 2009.[2]
Il confronto tra il rilievo degli Uffizi e il rilievo di Ercolano

Nel rilievo rinvenuto ad Ercolano - di interpretazione ancora più difficoltosa rispetto a quello degli Uffizi per quanto riguarda la contestualizzazione della scena - ci sarebbero, da sinistra verso destra, una statua arcaizzante di Dioniso e poi due figure che si direbbero uomini per lineamenti e pettinature, ma che indossano abiti tipicamente femminili.
Nel rilievo degli Uffizi, la virilità del fisico non si riscontra nei tratti somatici e nelle acconciature, così androgine. L’ambiguità dell’abbigliamento riguarda entrambe le opere.
La studiosa Maria Paola Guidobaldi propone di interpretare anche le figure con i capelli corti e riccioli come figure femminili, trattandosi, suggerisce, di una iniziazione di due donne al culto di Dioniso.
In realtà, l’unico vero riferimento all’usanza del taglio dei capelli nelle donne lo troviamo in Pausania[3], tra l’altro in un contesto innanzitutto diverso da quello strettamente dionisiaco e soprattutto difficilmente collocabile nella cultura romana. Essendo anche il nostro rilievo degli Uffizi datato al I secolo d.C., è evidente che la problematica è la stessa.
In accordo con lo studioso Girolamo Ferdinando De Simone (che si riferisce al rilievo di Ercolano), credo si possa utilizzare il metodo comparativo per l’individuazione delle figure maschili e di quelle femminili: nella nostra opera fiorentina è evidente che la figura morente e la figura seduta abbiano una struttura corporale diversa dalle altre tre e, attraverso il confronto, risulta abbastanza chiaro che le due figure appena citate abbiano il seno, mentre le altre tre abbiano i pettorali.
Allora perché si discute ancora sul sesso dei personaggi? Perché si è chiarito chi è uomo e chi è donna, è vero, ma gli uomini mantengono comunque quell’orientaleggiante portamento (e vestiario) femminile.
Un ultimo tentativo per sostenere che siano donne e non uomini, in entrambi i rilievi, può essere affermare che, trattandosi di un contesto rituale, le donne che si accingono al matrimonio e al diventare quindi mogli e poi madri, sperimentino un cambio di prospettiva, che si traduce quindi nella trasformazione fisica nel sesso opposto. Ipotesi alquanto azzardata, se si tiene comunque conto non solo dell’acconciatura ma anche del fisico, chiaramente maschile (più evidente nel rilievo degli Uffizi, dove i corpi sono praticamente nudi, a differenza di quelli del rilievo di Ercolano).
A questo punto, l’ipotesi più plausibile è che si tratti effettivamente di uomini, come già affermato in precedenza, basandosi però non sulla sfera rituale, come abbiamo fatto fino ad ora, ma sulla sfera teatrale e l’opera a cui ci si riferisce sono le Baccanti di Euripide.
Il riferimento alle Baccanti di Euripide
Il IV episodio della tragedia è molto suggestivo dal punto di vista letterario, ma ciò che più ci interessa è che ci viene descritto Penteo, re di Tebe, ormai fuori di senno, persuaso da Dioniso a vestirsi come una donna per potere spiare i riti delle menadi sul monte Citerone:
ἔξιθι πάροιθε δωμάτων, ὄφθητί μοι,
σκευὴν γυναικὸς μαινάδος βάκχης ἔχων,
μητρός τε τῆς σῆς καὶ λόχου κατάσκοπος·
πρέπεις δὲ Κάδμου θυγατέρων μορφὴν μιᾶι.
Baccanti, 914-917
“Esci dalla reggia, fatti vedere/ abbigliato da donna, furibonda baccante,/ per spiare tua madre e la schiera da lei guidata;/ hai l’aspetto di una delle figlie di Cadmo”: chi parla è Dioniso, che, utilizzando un’immagine anacronisticamente cristiana, parla all’ormai folle Penteo come un serpente tentatore, prendendosi gioco di lui.
Il re di Tebe obbedisce, acconsente a vestirsi da donna, sotto i consigli ironici di Dioniso, che gli sistema il peplo e la cintura, mentre lui, γυναικόμορφον (gynaikomorphon), “con l’aspetto di donna”, saltella qua e là godendo dei suggerimenti del dio, in una meravigliosa scena tragicomica.
Dunque, siamo di fronte a un uomo vestito da donna in una narrazione a tema dionisiaco, episodio che potrebbe fungere da strumento euristico per la comprensione del nostro rilievo. Inoltre, l’uso di un episodio così colto sarebbe stato sicuramente apprezzato negli ambienti aristocratici della Roma del I secolo d.C.
È doveroso precisare che nel rilievo di Ercolano si propone di identificare la prima delle due figure in questione proprio con Penteo, mentre in quello degli Uffizi non so se sia possibile riconoscere in qualche personaggio il re di Tebe; certamente però, pur non rappresentandolo specificamente, la scena euripidea è stata fonte di ispirazione.
C’è chi poi, all’interno del rilievo di Ercolano, azzarda l’ipotesi di una doppia rappresentazione di Dioniso (prima figura a sinistra e penultima figura a destra) e della presenza di Agave, la madre di Penteo, nell’ultimo personaggio a destra. Proprio nella presunta Agave mi sembra di scorgere somiglianze con la prima figura a sinistra del rilievo degli Uffizi, per la posa del corpo e la gestualità, ma credo altresì che nel nostro caso si tratti in realtà di una figura maschile con movenze, sì, femminili, perché ispirate alla tragedia euripidea e (perché no?) magari proprio ad Agave.
La figura di Dioniso nel rilievo degli Uffizi
La figura maschile rappresentata al centro del rilievo fiorentino è Dioniso: impugna nella mano sinistra il tirso, il bastone rituale che reca in cima una pigna, mentre col braccio destro si appoggia all’albero di vite; di fianco, una pantera, uno dei suoi simboli, che sta ruggendo violentemente. Davanti a lui, una menade agita le braccia in preda all’estasi, seduta sul tipico tripode dionisiaco.
Dietro, un giovane con lo sguardo rivolto verso il basso, sorregge una menade seminuda, svenuta (o forse morta?) dopo avere provato l’ebrezza delle danze dionisiache.
Secondo alcuni studiosi, la scena rappresenterebbe un qualsiasi rito dionisiaco celebrato dalle donne ateniesi, ma la presenza del tripode su colonna con rami di palma permette di collocare la scena a Delfi. Questa ipotesi potrebbe dare inizio a un lungo discorso che riguarda il mito di Dioniso a Delfi e le varie concezioni di apollineo e dionisiaco, che, secondo recenti studi non sarebbe così netta come voleva Nietzsche[4].
Ciò che a noi interessa è che Dioniso è dio tormentato e errante, che nasce e muore più volte, che permea l’immaginario mitologico greco e, in base al luogo in cui è venerato, si arricchisce di caratteristiche nuove: a Delfi è un Dioniso infero, contrapposto (in maniera più o meno decisa in base alle interpretazioni delle fonti, come spiegato prima) ad Apollo, dio della musica e della luce. Infatti, Dioniso regnava su Delfi nei mesi invernali, freddi e ventosi, nella montuosa regione della Focide.
Risulta quindi evidente la battaglia tra ragione e irrazionalità[5], che sono in realtà due parti insite nella nostra anima (come dicevano i sofisti), che Dioniso rende solo più contrastanti, facendo prevalere la seconda sulla prima. Anche in un uomo rigido e irremovibile (come Penteo) si nasconde una parte irrazionale, che Dioniso riesce a far emergere, perché, si sa, “τῶν δ' ἀδοκήτων πόρον ηὗρε θεός”, “il dio riesce a far accadere l’inaspettato” (Baccanti, v.1391).
NOTE:
[1] Mansuelli G.A., Galleria degli Uffizi: le sculture (Vol.1, pp.178-179), Cataloghi dei musei e gallerie d’Italia, Roma: Istituto Poligrafico dello Stato, 1958.
[2] Si fa presente che in questo contesto è nostra priorità cercare di analizzare e fornire un’interpretazione del rilievo conservato agli Uffizi. Per per un’analisi più approfondita del rilievo di Ercolano si veda A. Ciotola e A. Raimondi Comines (2013). Ancora su un rilievo neoattico dalla Casa dei Rilievi Dionisiaci di Ercolano, Rivista di Studi Pompeiani, 24, pp.33-40, su cui mi baso anche per il commento al rilievo fiorentino. Dove non specificato in seguito, quando si alluderà al rilievo di Ercolano, la fonte di riferimento sarà sempre questa.
[3] Paus. I, 43, 4.
[4] Cervasio S. (23 agosto 2009). Dioniso e Apollo, gli dei dello specchio, La Repubblica. https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/rephttps://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/08/23/dioniso-apollo-gli-dei-allo-specchio.html
[5] Per un approfondimento sul tema della follia nella Grecia antica: Giulio Guidorizzi (2010), Ai confini dell’anima: I Greci e la follia, Raffaello Cortina Editore.
L’AUTORE
Danila Franceschetto
Una laurea in storia a Torino e una passione smodata per la cultura e letteratura greca. Quando non leggo, scrivo. Da un po’ vivo in Toscana, nel tempo libero se non sono al cinema mi trovate al mare!
Dal 2019 collaboro con Siti Archeologici d’Italia.
Sogni nel cassetto? Tanti! Ma uno ve lo svelo, lavorare in un museo sarebbe davvero fantastico!