A Dioniso non servono bacchetta magica e trucchi spettacolari per incantare le persone: gli basta lo sguardo, così penetrante e magnetico. Prima di accorgerci della sua presenza, prima di sapere di essere suoi seguaci, Dioniso ci sta già fissando. È un dio itinerante, Dioniso, non ha ammaliato solo i Greci, ma anche gli Etruschi, come ci dimostra la bellissima anfora di cui parleremo.
Provenienza dell'anfora
Avevamo già scoperto che il culto di Dioniso fosse presente anche in Etruria parlando del secondo vaso della nostra rubrica, l’hydria del Pittore di Micali.
L’anfora con la maschera di Dioniso costituisce quindi un’ulteriore prova a riguardo: si tratta infatti di un reperto rinvenuto presso la necropoli di Tarquinia, antica città etrusca, (oggi situata nel Lazio settentrionale[1]) e attribuito al pittore di Antimenes[2].
Descrizione
L’anfora con la maschera di Dioniso appartiene alla categoria dei “vasi-visi”, ossia quell’insieme di recipienti che presentano come tema principale un volto, molto spesso quello di un satiro o di Dioniso.
Il tema del pròsopon, ossia il tema della persona-personaggio rappresentata sul vaso, è strettamente collegato a quello “a occhioni”, elaborato da Exekias[3] in età arcaica. In entrambi i tipi di pittura, il motivo principale è quello dello sguardo: nel vaso in questione Dioniso è rappresentato frontalmente, con gli occhi fissi sullo spettatore, perché prima ancora che noi ci accorgiamo della sua presenza, Dioniso ci ha già visti e scrutati.
Dioniso è qui rappresentato con le sue sembianze abituali, ossia con barba incolta, capelli lunghi e la corona di rami d’edera sul capo. Ma il tratto più caratteristico di questa rappresentazione sono sicuramente gli ophthalmoì, gli occhi, quei due buchi neri appena cerchiati di bianco, vuoti, ambigui e allo stesso tempo profondi, nei quali lo spettatore si perde sorseggiando il vino che era contenuto all’interno dell’anfora.
Lo sguardo di Dioniso è magnetico e la sua rappresentazione contribuiva a creare un’atmosfera inebriante durante il simposio.
Datazione: VI secolo a.C. (tra 550 e 525 a.C.)
Dimensioni e materiale: l’anfora di ceramica a figure nere su sfondo rosso presenta un’altezza di 40,00 cm e un diametro di 18,00 cm[4].
[1] Per avere più informazioni sulla necropoli di Tarquinia e sulle altre necropoli etrusche dell’alto Lazio, visita la nostra sezione dedicata https://www.sitiarcheologiciditalia.it/viaggi-itinerari/necropoli-etrusche-del-lazio/
[2] Il pittore di Antimenes è attivo in Etruria alla fine del VI secolo a.C. e, attualmente, gli sono attribuiti più di cento vasi. L’artista è così chiamato per la scritta riferita a un giovane (Antimenes, appunto) riprodotto su un vaso custodito presso il Museo Statale delle Antichità di Leida, nei Paesi Bassi.
[3] Exekias è un ceramografo attico attivo nei primi venticinque anni del VI secolo a.C., sia come vasaio sia, in misura minore, come pittore.
[4] Dimensioni fornite da Direzione Regionale Musei Lazio.
L'anfora con maschera di Dioniso è il sesto dei reperti selezionati per raccontare il mito di Dioniso attraverso le raffigurazioni su dieci vasi. Scopri la nostra rubrica “Dioniso, la rappresentazione del mito nei vasi antichi” per approfondire il mito e scoprire con noi quali sono gli altri vasi selezionati.
Fonte immagine: wikipendia commons
Un progetto di Danila Franceschetto.
L’AUTORE
Danila Franceschetto
Una laurea in storia a Torino e una passione smodata per la cultura e letteratura greca. Quando non leggo, scrivo. Da un po’ vivo in Toscana, nel tempo libero se non sono al cinema mi trovate al mare!
Dal 2019 collaboro con Siti Archeologici d’Italia.
Sogni nel cassetto? Tanti! Ma uno ve lo svelo, lavorare in un museo sarebbe davvero fantastico!